L’Amministrazione penitenziaria deve fornire di materiali e strumenti per la pulizia delle camere e per la cura e l’igiene personale.
L’esperimento del rimedio ex artt. 35-bis e 69, co. 6, lett. b), Ord. Pen. presuppone l’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica soggettiva attiva, qualificabile in termini di “diritto”, posizione meritevole di protezione incondizionata, riconosciuta al detenuto da una specifica norma. Il reclamo richiede, inoltre, la sussistenza di una condotta dell’Amministrazione penitenziaria in illegittimo contrasto con la posizione soggettiva del ristretto, tale da integrare la soglia di rilevanza della violazione in fattispecie evocata.
In merito, la giurisprudenza di legittimità ha distinto tra il diritto soggettivo del detenuto e le relative modalità di esercizio: la negazione del primo integra una lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, invece, le seconde sono affidate alle scelte organizzative discrezionali dell’Amministrazione penitenziaria, scelte che tendenzialmente non sono sindacabili in sede giudiziaria (cfr. Cass. Pen., Sez. VII, sent. 29 maggio 2014 – dep. 2015 – n. 373).
Nella presente pronuncia la Suprema Corte di Cassazione ha esposto che “I contenuti che, caso per caso, entrano a costituire il diritto, nella sua conformazione intangibile, dipendono dal grado di specificità e precisione della norma attributiva”, evidenziando che, nel caso di specie, le disposizioni regolamentari erano estremamente chiare.
L’art. 6 reg. es. Ord. Pen. impone all’Amministrazione penitenziaria di provvedere alla fornitura per i detenuti e gli internati dei materiali, strumentali o di consumo, per la pulizia delle camere e per i relativi servizi igienici, indipendentemente dalle condizioni economiche del soggetto ristretto.
Parimenti, l’art. 8, co. 1, reg. es. Ord. Pen. prevede che gli “oggetti necessari per la cura e la pulizia della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale”. Ne discende pertanto, sempre in assenza di riferimenti alle condizioni economiche del detenuto, la gratuità della fornitura, a cui deve provvedere l’Amministrazione penitenziaria. Quest’ultima, pur potendo compiere scelte discrezionali, anche in base alle risorse finanziarie disponibili, le sue decisioni, tuttavia, “non possono tradursi nella totale negazione di un diritto, strettamente attinente all’igiene e al decoro della persona detenuta o internata”.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti