E’ legittima la decisione con cui il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha negato la concessione del permesso premio a un esponente di spicco della criminalità organizzata (Cass., I, 6 luglio 2022, F. Graviano)

La sentenza della Cassazione in oggetto trae origine dall’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila rigettava il reclamo proposto contro l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza che aveva respinto la richiesta presentata dal medesimo di accedere all’istituto dei permessi premio. Conformemente ai giudici di merito, la Cassazione ritiene, invero, che un’adeguata valorizzazione della riscontrata <<regolare condotta carceraria>> e della <<dichiarazione incondizionata di dissociazione>> non si presti a “compensare” la mancanza di <<una effettiva presa di distanza>> dal <<contesto di criminalità organizzata>> e la <<carente rivisitazione critica dei gravissimi reati commessi>>.

La decisione del magistrato di sorveglianza. Il giudice monocratico, ritenuta – in conformità alla sentenza 253/2019 della Corte costituzionale – l’ammissibilità dell’istanza, ebbe infatti a respingerla nel merito, in considerazione, fra l’altro, dei seguenti elementi:

. il provvedimento di proroga del regime speciale di cui all’art. 41-bis o.p. (confermato dal Tribunale di sorveglianza di Roma) cui era appena stato sottoposto il detenuto;

. le informazioni trasmesse dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, da cui emerge(va), da un lato, come egli fosse stato riconosciuto colpevole dei più gravi delitti perpetrati da Cosa nostra (tra cui l’omicidio dell’on. Salvo Lima, la strage di Capaci, la strage di via D’Amelio e gli attentati a Roma e Firenze), e, dall’altro, come fossero da reputarsi tuttora attuali i collegamenti con gli esponenti mafiosi della sua famiglia, nonché la piena operatività del mandamento mafioso di Brancaccio;

. le informazioni trasmesse dalla Procura della Repubblica di Firenze, dalle quali si evince(va) come il detenuto non si fosse reso disponibile a rispondere alle domande rivoltegli dopo aver manifestato il proposito di dissociarsi;

. le informazioni trasmesse dalla Questura di Palermo, alla luce delle quali si poteva riscontrare come una parte dei proventi delle attività estorsive poste in essere sul territorio di Brancaccio dagli esponenti mafiosi della stessa famiglia venissero puntualmente fatti pervenire ai congiunti del detenuto;

. la relazione di sintesi, predisposta dalla equipe della Casa circondariale in cui si trova(va) recluso e da cui risulta(va) come egli non avesse mantenuto sempre una condotta corretta (avendo, anzi, riportato alcune sanzioni disciplinari) e non avesse riconosciuto pienamente la propria responsabilità in ordine ai reati per i quali aveva subito più di una sentenza di condanna in via definitiva.

Il reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila. Proponendo reclamo contro questa decisione, la difesa aveva avuto modo di sostenere, fra l’altro, come il proprio assistito avesse << reciso qualsiasi rapporto con l’esterno, compreso quello con il fratello>>, lamentando altresì che il giudice di prime cure <<non avesse dato il giusto peso nella valutazione alla revisione critica dei trascorsi criminali, culminata nella dichiarazione di dissociazione dal clan di appartenenza>> (oltre che nel conseguimento di una laurea con pieni voti)

Nellordinanza, il Tribunale si premurava, anzitutto, di richiamare la duplice condizione imposta dalla Corte cost. (sent. 253/2019) perché possa essere accolta la domanda di permesso premio avanzata da chi abbia scelto di non collaborare con gli organi inquirenti, cioè la non attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e l’assenza del pericolo di ripristino di tali collegamenti. Una verifica che deve essere condotta – stando all’insegnamento della stessa Corte – con criteri di particolare rigorosità: la presunzione di pericolosità, infatti, pur avendo perso il carattere dell’assolutezza, deve ritenersi superabile, in particolare quando si tratti di soggetti appartenenti alla criminalità di stampo mafioso, non alla luce della sola condotta carceraria o della mera partecipazione al percorso rieducativo, ma <<soprattutto in forza dell’acquisizione di altri, congrui e specifici elementi>>.

Sulla scorta di questa indicazione, il Tribunale di sorveglianza riteneva di dover prendere in considerazione le seguenti circostanze:

. la manifestazione di indisponibilità a rispondere agli organi inquirenti, dopo la dichiarazione di dissociazione

. il ruolo assolutamente apicale rivestito dal detenuto in seno al mandamento mafioso di Brancaccio e la piena operatività di quest’ultimo (così come attestato da tutte le informazioni trasmesse dagli organi investigativi

. il recente provvedimento di proroga del regime di carcere duro (art. 41-bis o.p.)

. la sola parziale ammissione delle responsabilità per i delitti gravissimi per i quali è stato condannato

. il mantenimento di rapporti con alcuni familiari, a loro volta parimenti coinvolti in logiche associative;

Tutti elementi che il Tribunale ha reputato indici attendibili del rischio concreto e attuale della ripresa dei collegamenti con il gruppo criminale di riferimento da parte del reclamante in caso di fruizione di permessi-premio e ha conseguentemente posto a fondamento della decisione di rigetto del reclamo avanzato dal prevenuto.

Il ricorso per cassazione. Il difensore del ricorrente presentava quindi ricorso per l’annullamento dell’ordinanza emessa dal tribunale di sorveglianza di L’Aquila, denunciando la violazione della disciplina di cui all’art. 30 ter o.p. e il difetto di motivazione della decisione.

Secondo la tesi difensiva, infatti, il detenuto aveva reso dichiarazione incondizionata di dissociazione; aveva, inoltre, sempre mantenuto una condotta regolare all’interno del carcere (tanto da meritare uno “sconto di pena” con la concessione della liberazione anticipata) e si era impegnato nella partecipazione all’offerta trattamentale (come reso palese dal conseguimento della laurea magistrale con il massimo dei voti). Infine, l’assoggettamento al regime speciale di cui all’art. 41-bis o.p. non si presterebbe a essere apprezzato, di per sé, come un fattore di incompatibilità con l’ammissione all’esperienza premiale.

Siffatte argomentazioni, però, non sono sembrate persuasive ai giudici di legittimità, che, con la decisione in oggetto, hanno rigettato il ricorso, ritenendone l’infondatezza. A questa conclusione la Cassazione perviene attraverso una motivazione estremamente concisa, che prende avvio dalla considerazione dei permessi premio come istituto che costituisce <<elemento del trattamento penitenziario>>. Per la sua concessione si impone, dunque, una <<previa valutazione dell’andamento complessivo del percorso riabilitativo>>, al fine di verificarne, <<in relazione ai progressi compiuti e alle prospettive>>, la idoneità a <<contribuire al conseguimento dell’obbiettivo rieducativo>>. E, a siffatto approccio, si sono perfettamente conformati – a parere della Cassazione – i giudici di merito nella vicenda de qua, come è attestato dal percorso motivazionale che ha condotto al rigetto dell’istanza (sulla scorta di un complesso di argomentazioni che, peraltro, si sottraggono a qualsiasi censura in sede di legittimità). A fronte, invero, dei gravissimi reati commessi dal ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha attribuito il giusto rilievo, infatti, alla circostanza che <<non ne era seguita una effettiva presa di distanza>> e, anzi, <<erano stati mantenuti i contatti con i familiari, pure già coinvolti nel medesimo contesto di criminalità organizzata>>. Questi fattori, poi, sono stati opportunamente letti dal Tribunale alla luce della <<carente rivisitazione critica dei gravissimi reati commessi>> e ritenuti, nel loro complesso, indici impeditivi di una <<valorizzazione della pure regolare condotta carceraria e del percorso scolastico>> positivamente intrapreso dal ricorrente.

Di seguito il link con il testo della sentenza della Cassazione:

Cass. 41329.22

a cura di Giulia Ricciardi

Contributi simili

“Educazione in carcere. Sguardi sulla complessità”, a cura di Roberto Bezzi e Francesca Oggionni

Si segnala la recentissima uscita, dello scorso 7 ottobre, del volume “Educazione in carcere. Sguardi sulla complessità”, FrancoAngeli Edizioni, a cura di Roberto Bezzi e Francesca Oggionni. Il volume, “al fine di aprire nuove possibili prospettive di pensiero critico rispetto al problema carcere” affronta alcune delle questioni cardine e delle più evidenti problematiche “di ordine educativo-pedagogico” del sistema penitenziario da tre punti di vista interdisciplinari – quello sociologico, quello giuridico e quello pedagogico – accludendo due contributi finali provenienti dallo sguardo di chi la pena la “amministra” la pena e da chi, invece, la “descrive”.…

Leggi tutto...

19 Ottobre 2021

Cassazione, Sez. I – 27/04/2021, n. 21546 – ammissione al lavoro all’esterno

Cassazione Penale, Sez. I, sentenza 27 aprile 2021, n. 21546. In tema di lavoro penitenziario, la Corte di legittimità ritiene impugnabile, mediante reclamo ex art. 35-bis, co. 4 Ord. Pen., il provvedimento del magistrato di sorveglianza che approvi la revoca dell’ammissione del detenuto al lavoro all’esterno, in quanto decisione in grado di ledere un diritto fondamentale della persona, ovvero componente determinante del trattamento rieducativo del detenuto, così come affermato dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost., sent. n. 532 del 2002).…

Leggi tutto...

19 Ottobre 2021

Cass. Pen., Sez. II, sent. 8 luglio 2021, n. 32593: la custodia cautelare in carcere ai sensi del combinato disposto degli artt. 275, co. 2-bis, c.p.p. e 4-bis Ord. Pen.

L’art. 275, co. 2, c.p.p. trova applicazione sia in fase di irrogazione della misura, sia nel corso della sua esecuzione.…

Leggi tutto...

7 Febbraio 2022

Cass. Pen., Sez. I, sent. 4 giugno 2021, n. 36704: detenzione domiciliare e affidamento “sine die”

Cass. Pen., Sez. I, sent. 4 giugno 2021, n. 36704 Presidente: SIANI, Relatore: ALIFFI   Con la sentenza n. 36704/2021…

Leggi tutto...

11 Gennaio 2022

Il progetto di intervento educativo, il fil rouge del nuovo ordinamento penitenziario minorile

Tre provvedimenti del T.M. di Catania, in funzione di Tribunale di Sorveglianza, hanno affermato la necessità del programma di intervento educativo come presupposto necessario per l’accesso alle misure penali di comunità, ai sensi dell’art. 2, c. 2, d.lgs. 121/2018, e tratto caratterizzante la nuova disciplina di ordinamento penitenziario minorile.…

Leggi tutto...

21 Dicembre 2021

Cass. Pen., Sez. I, 23 aprile 2021, n. 18434: il controllo della giurisdizione di sorveglianza sulla proroga del carcere duro

Proroga del carcere duro: il controllo della giurisdizione di sorveglianza Sulla natura dei poteri cognitivi demandati al Tribunale di Sorveglianza,…

Leggi tutto...

5 Dicembre 2021

Torna in cima Newsletter