La Corte di cassazione chiarisce alcune questioni in tema di giudizio di ottemperanza ex art. 35 bis o.p.

Le questioni affrontate nella sentenza di Cass., sez. I, 13 gennaio 2022, n. 17167, riguardano due noti interrogativi, emersi, nel corso del tempo, nell’ambito del giudizio di ottemperanza instaurato a norma dell’art. 35-bis ord. penit. (e dunque nella procedura di reclamo giurisdizionale).

Il primo concerne l’individuazione del giudice competente. Stando al comma 5 dell’art. 35-bis ord. penit., la mancata esecuzione dell’ordinanza che ha deciso sul reclamo può essere denunciata (dall’interessato o dal suo difensore munito di procura speciale) «al magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento». Nessun dubbio, quindi, quando il provvedimento non eseguito dall’amministrazione sia stato emanato proprio dall’organo monocratico di sorveglianza: il giudice competente per l’ottemperanza è certamente il magistrato che ha pronunciato il provvedimento rimasto ineseguito.

Decisamente più incerta, invece, l’individuazione del giudice nei casi in cui il provvedimento da eseguire sia stato pronunciato – non dal magistrato, ma – dal tribunale di sorveglianza, in riforma dell’ordinanza di prime cure. Seguendo un orientamento già collaudato, la pronuncia in esame conferma che la competenza «resta radicata in capo al giudice che ha emesso il provvedimento», sia esso monocratico o collegiale. In altre parole, la procedura di ottemperanza va instaurata davanti all’organo che ha effettivamente emesso il provvedimento ignorato dall’amministrazione: e dunque, in ipotesi, anche davanti al tribunale, se l’ordinanza è stata rilasciata dal collegio in riforma della decisione di primo grado (si veda anche Cass., sez. 1, 8 giugno 2020, n. 21940, in C.e.d., 279334).

Il secondo profilo su cui interviene la sentenza in esame è invece la sorte della procedura de qua in caso di trasferimento del detenuto. Per la Prima sezione, qualora l’interessato venga trasferito in altro istituto dopo l’accoglimento del reclamo giurisdizionale (e dunque dopo il segmento procedurale “cognitivo”), ciò che rileva «è esclusivamente la “permanenza della inottemperanza” ai contenuti della decisione che ha accertato la lesione del diritto soggettivo». Permane, quindi, l’interesse del detenuto a ottenere l’esecuzione del provvedimento nell’istituto di destinazione, se anche in quel contesto si registra la medesima violazione diagnosticata ai sensi del combinato disposto degli artt. 35-bis e 69 comma 6 lett. b ord. penit. (si veda tuttavia Cass., sez. 1, 11 dicembre 2017, n. 26071, in C.e.d., 273120).

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