Si segnala la circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 03/02/2022 avente ad oggetto “L’incremento della pianta organica Funzionario Giuridico Pedagogico – Valorizzazione del ruolo e della figura professionale”.
Già dall’oggetto, l’Amministrazione Penitenziaria dimostra di voler sottolineare l’importanza della figura del fu educatore ed oggi Funzionario Giuridico Pedagogico, mostrandone crescita ed implementazione di ruolo e funzioni. La stessa circolare ripercorre, per tappe, l’evoluzione della nascita e dei cambiamenti che hanno interessato questa figura, sul piano dei ruoli e delle funzioni, via via sempre più attenzionate e volte ad una interconnessione con il detenuto che non si cristallizzi sul momento del colloquio – fondamentale ma non sufficiente ad una visione che voglia essere il più completa possibile per coloro che vengono definiti, da ultimo, tecnici del comportamento.
Le funzioni affidate all’importante figura del Funzionario Giuridico Pedagogico sono state nel tempo, però, spesso “anestetizzate” dai numeri: difatti, da una circolare del 9 ottobre 2003 si evince come la proporzione tra educatori e detenuti fosse di 1 a 117, dimostrandosi come totalmente insufficiente per l’instaurazione di un rapporto (non soltanto educativo) coi detenuti, ognuno con una storia, suoi comportamenti e un suo vissuto che non sarebbe potuto essere osservato ed esplorato in una specifica individualità.
Ad oggi, l’Amministrazione Penitenziaria – con le recenti disposizioni di immissione in ruolo di 221 unità, che si sommano alle 789 già presenti a novembre 2021 – ha dimostrato di voler rivalutare il ruolo di questa figura. Con le nuove assunzioni, la proporzione dovrebbe stabilizzarsi adesso in un rapporto di 1 a 65. Difatti, come precisa la stessa circolare, non è una questione solo meramente quantitativa ma ideale, di orizzonte: “L’incremento dei funzionari giuridico pedagogici appare, pertanto, un importante messaggio da parte di questa Amministrazione finalizzato ad attribuire maggiore slancio, alla funzione rieducativa della pena.”
Il Funzionario Giuridico Pedagogico si muove all’interno di aree di intervento, affiancandosi ed integrando l’attività degli altri operatori, per arrivare ad un approccio multiprofessionale strutturato, in grado di apportare contributo di varie competenze e professionalità per gestire tutte le fasi, specie le più delicate, dell’ingresso, della permanenza e della conoscenza del detenuto all’interno dell’istituto.
La circolare, così, sottolinea, sviscera e descrive tutte le attività in cui l’apporto del Funzionario si rivela ingranaggio essenziale ad una completa riuscita delle stesse. Dall’ingresso in istituto, in cui il detenuto ha bisogno di un più presente e incisivo supporto per superare la frattura traumatica che si crea tra il mondo esterno e lo stesso, con la recisione dei punti di riferimento affettivi e lavorativi, catapultato in una condizione nuova ed estranea, da cui spesso viene sopraffatto e in cui il Funzionario Giuridico Pedagogico, al pari degli altri operatori, gioca un ruolo per rendere più fluida e meno stridente possibile questo “salto”. Per passare poi alla più diretta conoscenza, a quell’attività che permette la ricostruzione della personalità del soggetto, della sua storia individuale e criminale, che non deve ritenersi, come già sottolineato, segregata al tempo limitato del colloquio ma deve estendersi ed osservarsi nelle attività di ogni giorno, quelle in cui il soggetto e l’operatore prendono parte, integrandosi così, con l’ausilio della Polizia Penitenziaria, una conoscenza che incida, in un interscambio, anche con l’area della sicurezza. Altra attività fondamentale, una delle principali del loro ruolo di educatori o, adesso, Funzionari Giuridico Pedagogici, è quella della coprogettazione: le attività a cui i detenuti sono chiamati a partecipare devono essere il più possibile vicine alle loro attitudini, non solo in senso teorico ma devono essere partecipate dagli stessi, dagli stessi condivise e, in primis, pensate, con l’ausilio di queste personalità, a fare da promotori, coprogettatori, sostenitori. Tutto questo in un’ottica di lavoro di rete che deve sciogliersi verso l’interno e verso l’esterno: verso l’interno, il Funzionario G.P. deve collaborare prendendo e servendosi delle informazioni fornite dalle altre professionalità operanti nel carcere (in primis, quelle del corpo di Polizia Penitenziaria) e, a sua volta, deve fornire informazioni alle stesse, così da creare una rete, appunto, di conoscenze tale da permettere una visione sempre più completa ed approfondita di problematiche, storture, disagi, fragilità, debolezze e potenzialità di ogni singolo soggetto, sì da calibrare così l’opera rieducativa su parametri sempre più tarati e dipinti sulla singola figura. Verso l’esterno, invece, si deve fare promotrice di una rete che coinvolga gli U.E.P.E., il privato sociale, in generale quel mondo esterno che già la legge di ordinamento penitenziario vedeva come strumento per il trattamento del detenuto. Mondo esterno, spesso sognato ed agognato, che può anche risultare, dopo tanta assenza, inviso allo stesso detenuto che quindi deve essere accompagnato con attenzione e specifica professionalità nel suo “reingresso” in società, per evitare l’effetto traumatico inverso del suo ingresso.
La figura, quindi, deve subire un’implementazione che sia su più fronti: deve essere rivista ogni sua potenzialità, non solo quella che la circolare stessa definisce di backoffice, ma una potenzialità che deriva dalla conoscenza, dalla prossimità, dal vivere costante e ravvicinato coi detenuti. La circolare snocciola, quindi, anche linee guida organizzative che premono per inserire sempre di più l’operatore all’interno della quotidianità dei detenuti, così da coniugare organizzazione e prossimità, non volendo più relegare i compiti ad attività meramente burocratiche e “lontane” dalla popolazione detenuta, ma strutturando un intervento sempre più presente e stringente che si snodi su un orario più ampio e quindi più fruibile, accessibile con modalità meno formali e burocratizzate per essere così alla portata anche di coloro poco avvezzi alle prassi e modulistiche carcerarie.
Una visione, quindi, che – di pari passo, per fortuna, con un ampio ingresso di organico – spolvera l’opacità depositatasi su questa figura e ne svecchia connotati superati, dandole nuovo lustro e nuove funzioni, la cui importanza – da sempre indubbia – viene ribadita con forza e (si spera) efficacia nel futuro prossimo.
A cura di Giulia Podestà