Il protocollo per la corretta e omogenea applicazione dell’art 94 D.p.r. 309/90, approvato l’8 marzo 2021 dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze, dalle Aziende USL della Toscana e dall’Ufficio Inter distrettuale per l’esecuzione penale esterna di Firenze, rappresenta una conquista importante per la regione Toscana in quanto individua, per la prima volta, una serie di parametri e linee guida al fine di garantire percorsi di cura e di recupero per le persone con problemi di dipendenza, nonché di ampliare l’efficacia di questa misura alternativa. Infatti, l’obiettivo auspicato dalla magistratura di sorveglianza e dai servizi per le dipendenze – seppur con angolazioni, prospettive e sensibilità professionali diverse – è quello di trovare, almeno in questo settore, un metodo di lavoro basato sulla condivisone delle finalità dell’esecuzione penale nei confronti dei tossicodipendenti, il quale sia in grado di superare, o almeno contenere (a quadro normativo invariato), le criticità che affliggono l’istituto in questione. Come sottolineato dalla premessa al Protocollo, l’affidamento terapeutico ha, attualmente, una realizzazione insoddisfacente; per questo motivo, i due organi preposti all’esecuzione, insieme e ognuno per suo conto, hanno cercato di indagarne le cause, prospettando, al contempo, una serie di interventi migliorativi in cinque macro aree riguardanti: la modalità di certificazione, l’attualità della tossicodipendenza, la valutazione della non strumentalità della richiesta, la formulazione del programma e il monitoraggio dell’attuazione del programma.
In relazione alla modalità di certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza e l’idoneità del programma terapeutico, una delle principali criticità è, indubbiamente, la mancanza di criteri univoci per attestare entrambe le condizioni soggettive richieste dalla misura. A ciò si aggiunge il fatto che, spesso, all’interno di suddetta certificazione non si fa neppure menzione della procedura con la quale è stato accertato lo status di tossicodipendente, essendo invece, questa, un elemento fondamentale che non dovrebbe essere trascurato.
Un altro tema assai delicato è rappresentato dalla valutazione dell’attualità della tossicodipendenza: dal momento, infatti, che il dato normativo subordina la concessione della misura alla circostanza che il condannato sia <<persona tossicodipendente>>, si tratta di capire, allora, come debba essere accertata l’attualità della dipendenza. La Corte di Cassazione, secondo un orientamento costante, ha fatto chiarezza sul punto affermando che questa valutazione può avere riguardo anche alla sola dipendenza psichica che residua una volta superata quella di natura fisica in considerazione del fatto che il tossicodipendente <<non può considerarsi guarito in base alla mera constatazione che non assume più droghe, dato che, superata la dipendenza fisica, egli ha sicuramente bisogno di un ulteriore periodo di mantenimento terapeutico e di supporto psicologico>> ( cfr. Cass. Sez. I, 27.09.2013, Polito).
Inoltre, l’affidamento terapeutico, come disciplinato all’art. 94 T.U., reca in sé anche il rischio di una precostituzione della situazione di tossicodipendenza; il condannato, in altre parole, potrebbe simulare lo stato di tossicomane al fine di ottenere il beneficio altrimenti non concedibile. Pertanto, al fine di scongiurare il pericolo di strumentalità della richiesta, è necessario che la domanda sia corredata da una sincera motivazione, la quale deve essere necessariamente accertata dalla magistratura di sorveglianza e dai servizi per le dipendenze.
Per quanto riguarda, invece, la formulazione dei programmi terapeutici, si lamenta, soprattutto, il fatto che essi, anziché essere individualizzati e predisposti tenendo conto delle diverse esigenze dei beneficiari, sono, piuttosto, univoci e standardizzati. Assai complicato risulta, poi, anche lo stesso monitoraggio dei programmi a causa del mancato raccordo tra i servizi per le dipendenze e la magistratura di sorveglianza: quest’ultima, infatti, dispone di informazioni che il ser.D non ha, quali, ad esempio, i precedenti penali, i carichi pendenti, le informazioni di polizia e le indagini socio familiari approfondite da parte dell’UEPE. È importante, quindi, che i due organi responsabili della realizzazione della misura trovino un metodo di lavoro quanto più condiviso.
Infine, per quanto riguarda la tenuta del programma terapeutico, il protocollo si ispira ad una visione elevata (non condivisa, purtroppo, in tutto il territorio nazionale) secondo la quale la ricaduta nell’uso di stupefacenti durante il programma è un evento atteso quindi non è da considerare come fallimento del programma. Ne discende che, in caso di comportamenti incompatibili con la misura in esame, va obbligatoriamente tarata questa valutazione sulle esigenze di cura del tossico e quindi non si deve dimenticare che il rischio di uno sbilanciamento verso l’obiettivo rieducativo non deve mortificare la finalità terapeutica della misura.
Alla luce di queste considerazioni, si evince come questo Protocollo rappresenta un passo in avanti in ambito di misure alternative alla detenzione poiché, al fine di contenere le inadeguatezze del sistema attuale, prospetta una serie di azioni di miglioramento per garantire una concreta realizzazione dell’affidamento particolare.
Qui il protocollo.
Diletta Niccoli