Per l’ottenimento della liberazione anticipata non è sufficiente che il condannato si limiti a tenere una condotta esclusivamente passiva, osservando con disciplina le norme che regolano l’espiazione della pena, essendo altresì necessario che il detenuto “concretizzi un modo di operare di valore sintomatico rispetto ai fini perseguiti dalla legge”.
In proposito, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di condotte concrete che siano significative “di una volontaria cooperazione tesa al più efficace reinserimento nella società”, quali, fra le altre, la correttezza nei rapporti interpersonali, il rispetto delle regole, la disponibilità ai colloqui con gli operatori e il riguardo verso le figure istituzionali.
Il beneficio della liberazione anticipata di cui all’art. 54 Ord. pen. presuppone un giudizio positivo in ordine alla partecipazione del soggetto al trattamento rieducativo da desumersi mediante una valutazione globale, in primis della – necessaria per l’accesso al beneficio – condotta regolare e partecipativa.
La giurisprudenza di legittimità ha illustrato che detta norma si riferisce – in negativo – “a tutti quei comportamenti che denotino una scarsa adesione alle regole restrittive ed una mancanza di quel particolare impegno che individua la meritevolezza del beneficio, nella prospettiva della rieducazione, che è il fine del trattamento”.
Ebbene, il compimento da parte del detenuto di condotte sintomatiche di una sua insofferenza alle prescrizioni e alle norme dimostra, non tanto il mero difetto di partecipazione all’opera di rieducazione, bensì proprio il difetto del requisito di base, ossia la regolarità della condotta.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti