La giurisprudenza di legittimità, nel caso di specie, si è espressa richiamando, in primo luogo, quanto già affermato con precedente pronuncia (Sez. 1, n. 16914 del 21/12/2017). La Cassazione, infatti, ha premesso che «in tema di provvedimenti disciplinari adottati dall’Amministrazione penitenziaria nei confronti dei detenuti, l’omissione della previa contestazione e quello dell’udienza disciplinare, un ragionevole lasso temporale in modo da consentire all’incolpato di predisporre adeguata difesa».
Ciononostante la giurisprudenza di legittimità ha altresì dichiarato che l’interessato debba dedurre, a pena di decadenza, eventuali eccezioni di nullità della procedura disciplinare, nella prima occasione utile.
È onere del detenuto, dunque, eccepire, al momento della contestazione dell’addebito, la mancata adeguatezza del termine intercorrente rispetto alla successiva udienza dinanzi al consiglio di disciplina. La mancata contestazione di tale violenza determina l’insussistenza dell’interesse del detenuto a dedurre in sede di reclamo quella violazione configurabile solo in astratto.
In secondo luogo, circa l’ulteriore problematica affrontata nel caso di specie relativa allo scambio di oggetti tra detenuti appartenenti allo stesso gruppo di socialità, la giurisprudenza ha precisato che all’amministrazione penitenziaria, anche dopo la sentenza di accoglimento, resta concesso un potere-dovere di controllare la natura dei beni consegnati, al fine di verificare se nello scambio possano «possano celarsi operazioni che vadano oltre le modalità di ordinaria condivisione di oggetti di scarso valore o le manifestazioni di semplice solidarietà amicale tra reclusi».
Qui il testo della sentenza.
A cura di Yasmine Spigai