Qualche dato da Strasburgo: le statistiche del 2021 in tema di probation del Consiglio d’Europa

Con un comunicato stampa del 21.6.2022, il Consiglio d’Europa ha pubblicato la ricerca statistica annuale condotta dall’Università di Losanna sul numero di persone soggette a sanzioni non privative della libertà personale. La ricerca si divide, ogni anno, in due parti: la prima (cd SPACE I) attiene alle rilevazioni aventi ad oggetto persone detenute, mentre la seconda (cd SPACE II) concerne soggetti sottoposti a misure di probation e/o di comunità.

Secondo la Prima Appendice alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/Rec (2010)1 e la Raccomandazione CM/Rec (2017)3, queste misure costituiscono “a range of activities and interventions, which involve supervision, guidance and assistance aiming at the social inclusion of an offender, as well as at contributing to community safety” (una serie di attività e interventi, che coinvolgono la supervisione, l’orientamento e l’assistenza volti all’inclusione sociale di un delinquente, nonché a contribuire alla sicurezza della comunità), nonché “sanctions and measures which maintain suspects or offenders in the community and involve some restrictions on their liberty through the imposition of conditions and/or obligations (…) any sanction imposed by a judicial or administrative authority, and any measure taken before or instead of a decision on a sanction, as well as ways of enforcing a sentence of imprisonment outside a prison establishment” (sanzioni e misure che trattengono sospetti o autori di reato nella comunità e implicano alcune restrizioni alla loro libertà attraverso l’imposizione di condizioni e/o obblighi (…) qualsiasi sanzione irrogata da un’autorità giudiziaria o amministrativa, e qualsiasi provvedimento adottato prima o in sostituzione di una decisione su una sanzione, nonché sulle modalità di esecuzione della pena detentiva al di fuori di un istituto carcerario). Tale uniformità di definizioni è fondamentale per poter racchiudere all’interno degli stessi concetti istituti giuridici appartenenti a differenti “jurisdictions”, pur se simili se non – perfino – identici per la loro ratio e la loro struttura.

Il numero di soggetti sottoposti a misure di probation risulta essere, al gennaio 2021, di 1.302.781, in calo rispetto ai 1.511.887 del gennaio 2020. Detta decrescita di 14 punti percentuali era dovuta, per la maggior parte, al “drammatico calo” registrato in Turchia – Paese che ha il 19% del totale della popolazione di riferimento e che, insieme a Russia e Polonia, ne costituisce il 60% – la quale è passata da 521.151 soggetti nel 2020 a 333.365 nel 2021.

Esclusi, tuttavia, i dati registrati in Turchia, il calo totale nelle misure alternative rispetto al 2020 risulta essere soltanto del 2,2%, dato che denota una sostanziale stabilità dopo circa sette anni di crescita costante. Più specificamente, i Paesi con i tassi di libertà vigilata più elevati erano la Polonia (645 per 100.000 abitanti), Lituania (545) e Georgia (506). Le amministrazioni con le risultanze più basse
corrispondono a due paesi che hanno iniziato a utilizzare sanzioni e misure comunitarie nell’ultimo decennio: Macedonia del Nord (8 in prova ogni 100.000 abitanti) e Serbia (30).

E’ ovvio come su questi numeri abbia influito molto il fenomeno pandemico del Covid-19; questo fattore, infatti, ha determinato una serie di conseguenze che hanno innescato reazioni a catena di bilanciamento tra di loro e che, alla fine, hanno prodotto un sostanziale equilibrio rispetto ai dati dell’anno scorso. Come affermato dal Prof. Marcelo Aebi, direttore della ricerca, «The restrictions on movement introduced across the world to limit the spread of the COVID-19 pandemic during 2020 modified the structure of opportunities to commit crimes and led to a decrease of most offline offences and an increase of some types of online offences; in addition, they slowed down the functioning of prosecutors and courts. Consequently, there was a decrease of the number of persons entering into penal institutions (flow of entries) and this, combined with the fact that some countries released inmates as another preventive measure against COVID-19, had an influence on the number of inmates held in detention (stock) during 2020 and on 31 January 2021. (…) It is very likely that most of these offenders were put under some sort of supervision; but this did not have a significant impact on the overall size of the probation population. The decrease in the number of persons entering into prisons due to a reduction in offline crime and a slowdown in criminal justice due to Covid-19 restrictions seems to have slightly reduced the number of persons under the supervision of probation agencies which had been growing in previous years» (Le restrizioni alla circolazione introdotte nel mondo per limitare la diffusione della pandemia di COVID-19 nel corso del 2020 hanno modificato la struttura delle opportunità di commettere reati e hanno portato a una diminuzione della maggior parte dei reati comuni e all’aumento di alcuni tipi di reati online; inoltre, hanno rallentato il funzionamento dei pubblici ministeri e dei tribunali. Di conseguenza, c’è stata una diminuzione del numero di persone che entrano negli istituti penali (flusso di ingressi) e questo, unito al fatto che alcuni Paesi hanno rilasciato i detenuti come ulteriore misura preventiva contro il COVID-19, ha avuto un’influenza sul numero di persone in detenzione (stock) durante il 2020 e il 31 gennaio 2021. (…) È molto probabile che la maggior parte di questi delinquenti sia stata sottoposta a una sorta di supervisione all’esterno; ma ciò non ha avuto un impatto significativo sulla dimensione complessiva della popolazione in libertà vigilata. La diminuzione del numero di persone che entrano nelle carceri a causa della riduzione della criminalità comune [la quale si differenzia dalla criminalità informatica, che ha registrato una notevole crescita durante la pandemia] e del rallentamento della giustizia penale a causa delle restrizioni del Covid-19 sembra aver leggermente ridotto il numero di persone sotto la supervisione delle strutture poste a presidio delle misure di libertà vigilata che era cresciuto in passato).

E’ interessante notare che l’Italia si colloca tra i Paesi che hanno visto un notevole incremento delle misure di probation durante lo scorso anno (+6%), insieme alla Macedonia del Nord (+39%), alla Slovenia (+12%), all’Ucraina (+10%), alla Spagna (+6%), alla Finlandia (+6%) e alla Svezia (+6%). All’opposto, si trovano Turchia (-36%), Grecia (-20%), Regno Unito (Irlanda del Nord) (-17%), Irlanda (-16%), Azerbaigian (-13%), Serbia (-13%), Georgia (-10%), Regno Unito (Inghilterra e Galles) (-9%), Svizzera (-7%), Repubblica di Moldova (-5%) e Austria (-5%).

A fronte dei trend di crescita o di decremento del numero dei soggetti sottoposti a misure alternative, è affermato a chiare lettere come “there is no “magic formula” to estimate a rate of probationers that would be appropriate for a jurisdiction(non esiste una “formula magica” per stimare un tasso di soggetti idoneamente destinati a misure alternative che sarebbe appropriato per una giurisdizione), essendo ogni Paese un sistema giuridico, nonché sociale e culturale differente, non essendovi, pertanto, la possibilità di tradurre in termini numerici la proporzione esatta tra popolazione e soggetti sottoposti a misure di probation.

E’, invece, possibile – ed, anzi, doveroso – interpretare i dati in possesso con quelli concernenti le persone sottoposte a misure detentive: in particolare, è osservabile come “in 34 out of the 41 probation agencies and prison services, the probation population rate is higher than the prison population rate. The exceptions are (in order of magnitude) North Macedonia, Serbia, Switzerland, Norway, Bulgaria, Azerbaijan, and the Russian Federation, where the rates of inmates are higher than the rates of probationers per 100 000 inhabitants(in 34 delle 41 strutture di libertà vigilata e servizi carcerari, il tasso di popolazione in libertà vigilata è superiore al tasso di popolazione carceraria. Le eccezioni sono (in ordine di grandezza) la Macedonia del Nord, la Serbia, la Svizzera, la Norvegia, la Bulgaria, l’Azerbaigian e la Federazione Russa, dove i tassi di detenuti sono superiori a quelli dei detenuti ogni 100 000 abitanti).

Da questo punto di vista, il nostro Paese si colloca in linea con la media del resto dei Paesi europei, con 159 soggetti in probation a fronte di 90 soggetti detenuti in rapporto ad un bacino di 100.000 abitanti. Svizzera, Norvegia, Finlandia, Liechtenstein, Croazia, Monaco e Slovenia sono Paesi che utilizzano il carcere e le misure alternative con maggiore parsimonia, secondo quanto mostrano i bassi tassi inerenti entrambi gli indicatori. Al contrario, Paesi come la Russia, la Turchia e la Georgia sono esattamente nella situazione opposta, mostrando un utilizzo delle sanzioni comunitarie non come alternative alla reclusione, ma piuttosto come sanzioni ad essa supplementari: ciò si riscontra mediante l’analisi del loro tasso di popolazione in libertà vigilata, il quale, pur notevolmente alto, si contrappone ad un tasso di popolazione carceraria che rimane al di sopra del valore medio europeo. Nel mezzo, vi sta la restante parte dei Paesi, che si collocano sulla scia della media europea. Queste osservazioni permettono di comprendere come non vi sia, nei fatti, una proporzione inversa automatica tra soggetti sottoposti a misure alternative e detenuti, non essendo scontato che, al crescere di un valore, il valore opposti si abbassi e viceversa.

In merito al rapporto tra maschi e femmine soggetti a sanzioni alternative, si osserva che i primi costituiscono l’89% del totale, mentre l’11% è costituito dalla controparte femminile: la bassa percentuale di donne corrobora la distribuzione di genere dei reati, un’attività sproporzionatamente concentrata sulla popolazione maschile. Allo stesso tempo, la percentuale delle donne è sistematicamente maggiore – più del doppio – nei sottoposti a sanzioni di libertà vigilata rispetto a coloro che si trovano in carcere, in quanto l’11% delle persone in prova sono di sesso femminile, mentre in carcere le “quote rosa” rappresentano solo il 5% circa del numero totale dei detenuti. Questa discrepanza potrebbe essere spiegata dal fatto che le misure alternative vengono utilizzate per i reati meno gravi, mentre le donne sono in generale le autrici di reati che, rispetto ad altri, conducono più frequentemente ad una pena detentiva. Per lo stesso motivo, le donne potrebbero essere viste come meno propense a essere recidive e, quindi, sarebbero collocate in libertà vigilata o verrebbe concessa loro liberazione condizionale più facilmente. Un’altra ragione per detto trattamento differenziale potrebbe essere che le donne rimangono i caregiver primari dei figli minori, potendo così usufruire di misure che conducono all’esterno delle mura carcerarie al fine di tutelare il diritto alla genitorialità dell’infante.

I soggetti stranieri sottoposti a misure alternative rappresentano il 6% del totale, a fronte del 94% di cittadini originari del Paese in cui deve essere applicata la probation; questi sono i dati che provengono dall’Europa occidentale e centrale, mentre i Paesi dell’Europa orientale non hanno fornito dati in merito ai soggetti in libertà vigilata stranieri, fatto che suggerisce la poca rilevanza del fenomeno in certe zone rispetto ad altre. In tutte le giurisdizioni la percentuale di detenuti stranieri è più alta, solitamente almeno il doppio di quello degli stranieri in prova. Questa differenza è almeno in parte dovuta al fatto che è più difficile per un cittadino straniero soddisfare le condizioni richieste per essere posto in libertà vigilata: non a caso, l’ostacolo principale rimane la possibilità di avere un indirizzo stabile nel paese in cui si trova a dover espiare la sua pena. Inoltre, in alcuni casi, è plausibile presumere che alcuni detenuti stranieri sono stati oggetto di un ordine di espulsione da applicare dopo il rilascio, chiudendosi in tal modo qualsiasi spazio per eseguire la condanna all’esterno delle mura carcerarie pur restando sul suolo nazionale dello Stato ospitante.
L’ultimo dato che viene analizzato riguarda la mortalità media dei sottoposti a misure alternative, che corrisponde a 64 decessi per 10.000 soggetti in probation. I dati dimostrano una più alta percentuale di decessi all’esterno del carcere rispetto all’interno di esso; le ragioni – ipotizzano i ricercatori – sono almeno tre: 1) l’ambiente carcerario riduce il rischio di assumere comportamenti pericolosi per la propria incolumità e di subire, per questo, un incidente mortale; 2) i detenuti che soffrono di malattie terminali o gravi sono spesso scarcerati e posti in libertà vigilata, così realizzandosi il decesso fuori dalle mura del penitenziario; 3) il suicidio è più comune durante la libertà vigilata che in prigione. Al fine di verificare quest’ultima ipotesi, lo SPACE II del 2021 chiedeva dati sui suicidi tra i detenuti. Tuttavia, praticamente nessuno tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa pare sia stato in grado di (o, forse, remissivo sul) fornire dati su tale questione.

Quì la Relazione e il Rapporto Finale.

Guglielmo Sacco

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