Il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 147, co. 1, n. 2), c.p., è applicabile quando il condannato risulti affetto da «una grave infermità fisica». In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 47-ter, co. 1-ter, Ord. pen., il Tribunale di Sorveglianza può applicare la detenzione domiciliare – c.d. “umanitaria” – se tale misura sia concretamente adeguata a fronteggiare il rischio residuo e al ricorrere di esigenze di contenimento della pericolosità sociale del soggetto.
La Suprema Corte di Cassazione si è riportata al suo consolidato orientamento secondo cui il differimento facoltativo della pena può essere disposto all’interessato in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
1) sussiste lo stato patologico del detenuto consente di configurare una prognosi infausta quoad vitam ravvicinata;
2) vi è un’affezione determinante la probabilità di rilevanti conseguenze dannose per il soggetto, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti non praticabili in regime inframurario, neppure mediante ricovero in luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11, Ord. pen.;
3) ricorrono condizioni di salute talmente gravi da porre l’espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità o, comunque, da non consentire al condannato di partecipare consapevolmente al processo rieducativo, tenuto conto della durata della pena e dell’età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale.
Per verificare l’eventuale incompatibilità tra il regime carcerario e le condizioni di salute del detenuto, quindi per accertare l’eventuale disumanità della pena, è necessario compiere una ricognizione, articolata in più fasi, sul versante delle condizioni di salute in rapporto allo specifico contesto detentivo. Poi occorre verificare se l’eventuale differimento dell’esecuzione possa consentire al condannato di commettere nuovi reati.
L’art. 147, co. 4, c.p. contempla il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena a condizione che l’interessato non sia socialmente pericoloso, ovvero quando non «sussista il concreto pericolo della commissione di delitti». Questa valutazione, secondo gli Ermellini, deve essere contestualizzata e riferita alle condizioni di salute del soggetto.
L’apprezzamento sul rischio di recidiva deve essere realizzato tenendo conto della possibilità di cui all’art. 47-ter, co. 1-ter, Ord. pen., ossia della possibilità di applicare, al ricorrere delle condizioni per il differimento, la detenzione domiciliare speciale, ove tale misura contenitiva sia necessaria e sufficiente a trattenere una residua pericolosità sociale.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti