Cass. Pen. Sez. I., Sent., n. 27374/2021, (ud.16.03.2021) dep. 15.07.2021
OGGETTO: Istituti di prevenzione e di pena – Ammissione al lavoro all’esterno, mutamento in peius delle condizioni legittimanti l’ammissione – “ritiro” dell’atto di approvazione del magistrato di sorveglianza – Ammissibilità.
Prima di addentrarci in quelli che sono i punti nevralgici della sentenza n. 27374 del 2021, Corte di Cassazione sez. I, stante la complessità delle diverse normative applicate giova fare alcune piccole premesse e precisazioni, circa le autorità e gli istituti penitenziari richiamati.
Seppur banale, ricordiamo come il lavoro costituisce lo strumento principale del trattamento penitenziario avente come fine ultimo la rieducazione e la risocializzazione del condannato in attuazione del disposto costituzionale all’art 27, secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Notevole è l’attenzione al lavoro in esecuzione di pena, le normative costituiscono il riferimento sicuro da cui partire per lo studio della procedura di collocamento al lavoro dei detenuti; il legislatore si è infatti preoccupato di disciplinare in maniera dettagliata i criteri e il procedimento per l’ammissione (o meno) al lavoro.
Cartina tornasole di tale sentenza (e disciplina per il lavoro all’esterno) risiede nei primi quattro commi dell’art. 48, del D.P.R. n 230 del 30.6.2000. rubricato “Lavoro Esterno” che testualmente recita: “1. L’ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all’esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e diviene esecutiva solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza, ai sensi del quarto comma dell’articolo 21 della legge. 2. L’ammissione degli imputati al lavoro all’esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorità giudiziaria, ai sensi del secondo comma dell’articolo 21 della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza. 3. La direzione dell’istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all’ammissione al lavoro all’esterno, anche con riguardo all’opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione. 4. Il magistrato di sorveglianza o l’autorità giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell’approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno del condannato o internato o nell’autorizzare l’ammissione al lavoro all’esterno dell’imputato, deve tenere conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della residua parte di essa, nonché dell’esigenza di prevenire il pericolo che l’ammesso al lavoro all’esterno commetti altri reati. (…)”.
Ictu oculi, possiamo notare come la normativa stessa vada a scindere due fasi indispensabili della procedura di ammissione al lavoro all’esterno, ovvero, l’ammissione e disposizione del programma di trattamento del lavoro all’esterno, il quale deve avvenire tramite atto dell’Amministrazione Penitenziaria, e in secondo luogo la sua effettiva esecutività resa possibile solo ad opera del provvedimento di approvazione del Magistrato di Sorveglianza.
Gli Ermellini, in merito alla sentenza n. 27374 del 2021, denotano come vi sia stata una commistione del Magistrato di Sorveglianza di Ancona, rispetto a quelli che sono poteri e atti propri dell’Amministrazione. Nella questione in esame il Magistrato di Sorveglianza di Ancona aveva revocato il provvedimento di ammissione per l’attività lavorativa del detenuto, dichiarandone la sua cessazione, senza che tuttavia la Direzione dell’istituto penitenziario, unica a potersi legittimamente pronunciarsi in merito, avesse dato inizio all’iter prefissato per addivenire alla revoca di tale provvedimento di ammissione.
In questa sentenza, la Cassazione sottolinea come, seguendo gli istituti guida, di tale disciplina che prescrive che l’ammissione, o meno, al lavoro all’esterno1 spetti alla Direzione dell’Istituto il quale deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento di ammissione al lavoro esterno, anche con riguardo all’opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione; tale provvedimento diviene esecutivo solo dopo che lo stesso è stato comunicato ed approvato dal Magistrato di Sorveglianza.
Più nel dettaglio in riferimento al caso di specie, il Magistrato di Sorveglianza si pronuncia sul se e come emettere l’atto di approvazione, oppure negarlo, affinché l’ammissione possa avere esecuzione sulla strega dei criteri normativi che vanno ad implicare oltre la rilevanza del profilo trattamentale, anche il dispiegamento da parte di una sua discrezionalità seppur certamente coordinata alla sua funzione giurisdizionale, della sussistenza dei presupposti legislativi sia di carattere soggettivo afferenti alla condizione giuridica del recluso, nonché di carattere oggettivo, relativi al tipo di attività lavorativa che il soggetto ammesso al lavoro all’esterno andrà a svolgere.
Inoltre, il Magistrato deve motivare la sua eventuale approvazione anche termini di percorso risocializzante, sia in proiezione di tutela preventiva della collettività, ed infine anche in riferimento all’utile applicazione dell’lavoro all’esterno nelle condizioni date.
Fatte tali dovute precisazioni, tornando alla Sentenza in analisi, la Cassazione ha rigettato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Ancona, in quanto il Magistrato verificato il mutamento “in peius” delle condizioni di ammissione al lavoro all’esterno, sulla base degli indicatori contenuti all’art 48 del D.P.R. n 230 del 30.6.2000., pur non potendo disporre direttamente la revoca dell’ammissione in quanto anch’essa diviene si esecutiva dopo l’approvazione del Magistrato di Sorveglianza, ma la revoca (o modifica) deve esser disposta con atto proprio dell’Amministrazione e solamente dopo sottoposta al vaglio del Magistrato. Quindi trattandosi di un potere rimesso all’Amministrazione penitenziaria, il Magistrato non può decretare la caducazione del provvedimento di ammissione al lavoro esterno emessa dall’Amministrazione, ma può, tuttavia anche in caso di inerzia dell’Amministrazione stessa, adottare un provvedimento per il “ritiro” del proprio consenso precedentemente formulato, così determinando di fatto la cessazione dell’efficacia esecutiva della possibilità di svolgere lavori all’esterno.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Alessia Sanchez Quiroz
1 Tale istituto disciplinato dall’art. 21 ord. pen. è rivolto non solo a detenuti ed internati già condannati ma anche agli imputati in regime di custodia cautelare in carcere, in questo caso non è richiesta l’approvazione del Magistrato di Sorveglianza ma è disposto dalle direzioni su autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente.