Il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, con ordinanza n. 1233/2021 del 23 Settembre 2021, sospende il procedimento in corso, volto a decidere sull’istanza presentata dal detenuto circa la possibilità di accedere all’affidamento in prova al servizio sociale, e solleva la questione di legittimità costituzionale rispetto all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975.
Sebbene il Giudice delle Leggi sia già intervenuto, almeno in parte, sui profili di incostituzionalità dell’art. 4 bis ord. pen. – dichiarando prima nel 2019, con la sentenza n. 253, l’illegittimità costituzionale del comma 1 limitatamente alla parte in cui non prevede la possibilità di concedere permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano acquisiti elementi di esclusione dell’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo di ripristino degli stessi, e dopo, con la più recente ordinanza n. 97/2021, manifestando l’incostituzionalità della disposizione normativa circa la preclusione assoluta di accesso alla liberazione condizionale per il condannato che non abbia collaborato con la giustizia, rinviando al Parlamento la questione così da trovare una soluzione in via legislativa – resta aperta e irrisolta la questione di concessione delle misure alternative per i detenuti condannati per uno dei delitti ivi elencati.
Perché un detenuto, sebbene non collaboratore di giustizia, che abbia anche ottenuto la concessione di più permessi premio, pur avendo dato prova della rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata e della impossibilità di rispristino degli stessi – sottoposto dunque ad un giudizio individualizzato che porta ad escludere una pericolosità sociale attuale del soggetto e piuttosto un comportamento di evoluzione personale tale da meritare benefici premiali – non potrebbe accedere alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale? Leggendo questa ordinanza, appare evidente come la mancata collaborazione con la giustizia, quale condizione ostativa assoluta, sia da considerarsi decisamente irragionevole.
Interrogata, ancora una volta, quindi, sulla legittimità costituzionale della preclusione assoluta in base al titolo del reato, in rapporto agli art. 3 e 27 della Costituzione, la Corte Costituzionale è chiamata a decidere.