Il comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) è un organo del consiglio d’Europa istituito dall’articolo 1 della Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, adottata a Strasburgo il 26 novembre del 1987 ed entrata in vigore il primo febbraio del 1989.
In ossequio a quanto previsto dalla Convenzione, l’obiettivo del CPT è quello di tutelare e proteggere le persone private della libertà personale dalla tortura o da altre forme di maltrattamenti che potrebbero subire nei luoghi deputati alla reclusione.
Al fine di realizzare questo obiettivo, il comitato organizza e conduce una serie di visite periodiche nei vari luoghi, sottoposti alla giurisdizione dello Stato firmatario della convenzione, nei quali vi siano persone che sono state private della libertà personale da parte della Pubblica Autorità– non solo, quindi, carceri, commissariati di polizia, ma anche, ad esempio, istituti psichiatrici, centri di detenzione per immigrati irregolari e strutture di ricovero a carattere sociale- proprio al fine di verificare le condizioni di trattamento e di detenzione dei soggetti ivi ospitati, ed eventualmente, in base alle informazioni raccolte, di formulare delle raccomandazioni, finalizzate a rafforzare la protezione delle stesse contro la tortura o, in generale, contro qualunque trattamento considerato inumano o degradante.
Al termine di ogni visita, infatti, il Cpt redige un rapporto e lo invia al governo dello stato interessato; il rapporto contiene, oltre che i risultati emersi nel corso dell’ispezione, le osservazioni e le raccomandazioni di intervento che secondo il comitato si renderebbero necessarie alla luce delle criticità evidenziate nel corso della visita nei luoghi di reclusione, e riguardanti, appunto, le condizioni materiali e di vita dei detenuti; il Cpt invita, inoltre, lo Stato destinatario del report a fornire una risposta dettagliata in merito alle questioni sollevate nel rapporto, dando così vita ad un dialogo permanente dell’istituzione con gli stati membri aderenti alla convenzione.
Il Comitato, quindi, non è un organo giudiziario con poteri sanzionatori e vincolanti per gli Stati, ma svolge più che altro una funzione preventiva, mirando a prevenire nonché a far progredire le condizioni di detenzione degli Stati firmatari.
Alla luce di tale premesse di fatto, in data 24 giugno 2021, il CPT pubblicava sul sito istituzionale del Consiglio d’Europa un nuovo rapporto in merito alla visita condotta da una delegazione dell’istituzione in territorio francese nel periodo tra il 4 e il 18 dicembre 2019.
Nello specifico, nel periodo di riferimento, il Cpt visitava dodici stabilimenti di polizia, quattro prigioni (Bordeaux- Gradignan, Lille- Sequedin, Maubeuge e Vendin- le- Vieil) e un grande centro di cure psichiatriche (l’unita forense del Cadillac Hospital).
Nonostante la cooperazione del Cpt con le autorità francesi sia sempre stata buona, il Comitato, nel suo rapporto, riferisce, prima di tutto, di aver riscontrato nel corso delle ispezioni notevoli difficoltà sia nell’accesso ai dati medici dei detenuti\pazienti sia nella presa visione delle registrazioni delle udienze penali, il cui possesso era essenziale al fine di realizzare una corretta riuscita della propria missione istituzionale.
In aggiunta a questo primo profilo problematico, la delegazione sottolinea, inoltre, la presenza di numerose altre e più serie criticità, già evidenziate nel corso di precedenti ispezioni, sollecitando celeri interventi in materia; difatti, a dispetto delle numerose raccomandazioni e richieste di intervento già indirizzate in passato da parte del Cpt alle istituzioni francesi, le condizioni materiali di detenzione negli stabilimenti di polizia, il problema del sovraffollamento carcerario, le modalità con cui i detenuti vengono trasferiti e curati negli ospedali, nonché la mancanza di posti letto psichiatrici per le persone in cura senza consenso continuano a costituire fonti di seria preoccupazione.
In particolare, con riferimento alle prigioni, il Cpt sottolinea come già dal 1991 le stesse fossero affette da un sovraffollamento preoccupante, con tassi di occupazione, che in alcuni stabilimenti di detenzione, superavano addirittura il 200%.
A destare preoccupazione, tuttavia, sono soprattutto le condizioni materiali di detenzione degli internati, rispetto alle quali si registrano significative differenze tra gli stabilimenti visitati; mentre il carcere di Vendin-le-Vieil offrirebbe buone condizioni di incarcerazione , gli altri stabilimenti – Bordeaux, Gradignan, Lille- Sequedin, and Maubeuge- sono risultati sovraffollati, vecchi, fatiscenti, con finestre rotte o caratterizzati dalla presenza di ratti; al momento della visita, inoltre, quasi 1.500 prigionieri dormivano su materassi posizionati sul pavimento, mentre altri erano collocati in due o tre celle che misuravano meno di 10 metri quadrati.
In merito a questa ultima questione, il Cpt ha richiamato le autorità francesi all’adozione di misure urgenti per garantire ad ogni detenuto almeno un letto e quattro metri quadrati di spazio vitale in una cella collettiva, ed in generale, ad intraprendere una strategia generale per ridurre la popolazione carceraria, incluse misure per limitare il numero di incarcerazioni e facilitare l’esecuzione delle sentenze.
Particolare attenzione viene anche dedicata alle unità disciplinari e di isolamento, rispetto alle quali il comitato esprime un atteggiamento di diffidenza, sottolineando come la collocazione dei detenuti in un solitario confinamento per periodi prolungati, a volte eccedenti addirittura parecchi anni, possa provocare un pesante impatto sulla salute psico-fisica degli stessi, questo anche alla luce delle precarie condizioni materiali in cui si trovano le celle, spesso troppo isolate e prive di luce naturale.
Durante la visita, inoltre, venivano segnalate un piccolo numero di accuse di violenza volontaria realizzate da parte dello staff contro i prigionieri, nonché un più grade numero di accuse di uso eccessivo della forza, soprattutto tramite l’utilizzo di dolorose tecniche di contenimento fisico perpetrate durante il collocamento nelle celle disciplinari.
Proprio in relazione a questo aspetto, e nello specifico con riguardo alle misure di sicurezza, si osserva come le perquisizioni dovrebbero essere motivate da valutazioni strettamente individuali e realizzate per gradi (il report ha infatti rilevato la presenza di un escalation di misure di sicurezza); inoltre, il continuo utilizzo da parte degli agenti dei giubbotti antiproiettile restituisce un’immagine negativa e controproducente di pericolosità a tutte le persone detenute. Si invita, quindi, a rompere questa spirale e a ristabilire un approccio più umano e sicuro.
Rilievi sono stati mossi anche rispetto alle attività carcerarie, sottolineando come, in contrasto con la situazione della prigione di Vendin- le- Viel, nelle altre carceri visitate, la maggior parte dei detenuti passava la gran parte della giornata nelle proprie celle, con attività che li rendevano occupati solo per poche ore al giorno.
Il rapporto dedica anche ampio spazio all’analisi delle stazioni di polizia e delle condizioni materiali dei soggetti ivi collocati, esprimendo in termini chiari e forti la raccomandazione ad un uso della forza limitato ai soli casi di stretta necessità e sottolineando come nessuna giustificazione potrebbe mai essere offerta a supporto di brutalità adoperate nei confronti di persone sotto controllo; si precisa, inoltre, come dovrebbe essere regolarmente inviato a tutte le forze di polizia un messaggio di “zero tolleranza” in merito alla perpetrazione dei maltrattamenti che le stesse pongono in essere a danno dei fermati.
Tali rilievi si sono resi necessari alla luce dei risultati dell’ispezioni condotta dal Cpt nei luoghi in analisi; difatti, anche se la maggior parte delle persone intervistate non ha riportato alcun tipo di maltrattamento psico-fisico da parte delle forze dell’ordine, diverse persone hanno riferito alla delegazione di essere state deliberatamente colpite durante il loro arresto. Sono stati, altresì, riportati episodi di insulti, anche di natura omofoba e razzista, nonché di minacce realizzate tramite l’utilizzo di armi. Dal punto di vista pratico, secondo il Cpt, occorrerebbe, in particolare, ricorrere ad adeguate misure per contrastare la lotta contro l’impunità degli agenti di polizia, che possono andare dalla semplice attribuzione di un numero di identificazione da indossare in maniera permanente, fino alla apertura in tempi rapidi e con modalità effettive di indagini investigative in caso di accuse di maltrattamenti.
La delegazione si mostra molto preoccupata delle condizioni materiali di detenzione offerte alle persone trattenute in alcune delle stazioni visitate, alle quali dovrebbero essere garantite quanto meno regolari condizioni igieniche e la possibilità di dormire su materassi e coperte pulite, giudicando come deplorevole il fatto che non sia stato fatto alcun tipo di progresso nell’attrezzare la camera di sicurezza nei locali dell’istituto con un sistema di chiamata che potrebbe essere usato dai detenuti, specialmente durante la notte.
Infine, l’ispezione si rivolgeva verso un grande centro di cure psichiatriche, il Cadillac Hospital.
Benché la maggior parte dei pazienti intervistati dalla delegazione riferisse di essere stato correttamente trattato dallo staff del centro di cure (nonostante la percezione da parte degli stessi di una mancanza di tempo e disponibilità), un piccolo numero di pazienti lamentava tuttavia di essere stato oggetto di abusi linguistici (come insulti, o minacce), così come di un eccessivo uso della forza, molto spesso durante l’applicazione di misure di contenzione, al fine di controllare pazienti agitati.
Il comitato, in questo contesto, accoglie con favore l’osservanza dell’obbligo legale, istituito dal 2016, di registrare l’utilizzo dell’isolamento e di misure restrittive, ma mostra comunque una seria preoccupazione per il fatto che, nonostante ciò, il collocamento dei pazienti in isolamento è rimasto una misura frequente, perfino sistematica, per espressa ammissione di alcune unità; la preoccupazione è acuita dal fatto che tale misura viene spesso applicata in strutture inadeguate, sprovviste ad esempio di un sistema di “chiamate”.
Il monitoraggio dei pazienti sottoposti a isolamento, o in generale a misure restrittive, rimane per la maggioranza dei casi insufficiente, e la durate delle stesse, oltre che essere spesso eccessiva, non viene adeguatamente motivata nei registri; proprio i registri consultati dalla delegazione hanno mostrato un rilevante numero di lacune, a cui si rende necessario porre rimedio al fine di poter analizzare dati reali ed effettivi ed elaborare strategie finalizzate alla riduzione dell’uso di queste misure.
Alla luce di tutte le gravi criticità rilevate dalla delegazione del comitato, nonché delle raccomandazioni e strategie di intervento dalla stessa elaborate, il Cpt sollecita, e resta pertanto in attesa, di una risposta dettagliata delle istituzioni francesi, volta quantomeno a ridimensionare il disastroso scenario descritto nella relazione.
Giulia Ricciardi